LE MARCHE

Passions & Places

The Salimbeni











I Salimbeni 
e la scuola di San Severino 


A cavallo tra Trecento e Quattrocento San Severino Marche aderisce al linguaggio pittorico del Gotico Internazionale con la scuola dei fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni. Pur accomunati da un ductus pittorico simile, che rivela la formazione alla stessa bottega, i due esprimono nelle loro opere modi di rappresentazione diversi, che hanno suscitato un grande interessamento da parte della critica.

Se Lorenzo crea  atmosfere fiabesche, aristocratiche, in cui le figure hanno gesti posati ed eleganti, Jacopo si sofferma di più sul dato quotidiano, narrativo, dando vita a scene popolari più animate. In tutte le opere loro attribuite si nota questa compresenza di stili, anche quando a firmarsi è il solo Lorenzo. Alcuni critici ipotizzano che inizialmente fosse costui, più grande e affermato del fratello, a ricevere le committenze e a firmare i lavori; in seguito anche Jacopo, acquisendo maggiore esperienza e riconoscimento, lascerà il proprio nome sulle opere.


Il trittico con le Nozze mistiche di Santa Caterina, datato 1400 e custodito nella Pinacoteca Civica di San Severino, reca la firma di Lorenzo, cui si deve l’elegante gestualità delle figure, il delicato movimento della mano della Vergine che scosta un lembo del mantello del Bambino o la stessa aggraziata fisionomia di Santa Caterina. La nota più vivace, data dal Bambino, quasi come un guizzo tra la compostezza delle altre figure, sembra rivelare l’intervento di Jacopo.

Anche nelle Storie di San Biagio, nella cripta della Collegiata di San Ginesio, in provincia di Macerata, si potranno riconoscere due sfumature interpretative benchè, anche in questo caso, l’opera risulti firmata dal solo Lorenzo. Sul lunettone di fondo, accanto alla Vergine in trono, composta e aulica, appare da un lato la scena di Santo Stefano lapidato, resa con forza e immediatezza, con il santo che sta perdendo i sensi mentre si accascia sotto i colpi dei suoi assassini; dall’altro San Ginesio nell’atto di suonare il violino, sembra muoversi alla melodia dello strumento. Ancora da ricordare l’affresco con le Storie di Sant’Andrea (1407) nella sacrestia e nella cripta della chiesa romanica di San Lorenzo in Doliolo, a San Severino. Anche qui alcune note movimentate nella rappresentazione rivelano la mano di Jacopo: ci si soffermi ad esempio nella scena della Deposizione, con i personaggi che salgono l’uno sull’altro o dettagli curiosi come l’uomo che cerca di slegare la corda con i denti.



Il ciclo di affreschi presente nell’Oratorio di San Giovanni Battista ad Urbino (1416) risulta firmato da entrambi i fratelli ed è considerato uno dei capolavori del gotico internazionale in ambito marchigiano. Si tratta delle Storie di San Giovanni Battista, dove la narrazione è composta e pacata,  e della Crocifissione, affollata scena su un fondo blu scuro che evidenzia la plasticità delle figure. Qui il momento della morte viene descritto con realismo, toccando punte di estremo espressionismo: da notare la perfetta attenzione anatomica al corpo del Cristo, la figura del ladrone colto nel culmine dell’agonia, con la spina dorsale in evidenza, gli occhi rovesciati e la bocca semiaperta. Fanno da cornice scenette di sapore popolare, riconducibili ancora alla mano di Jacopo, come quella della mamma che tira via il figlioletto per evitare che sia colpito dal calcio del cavallo o quella del bambino tira calci ad un altro.

 

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