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Elcito Ma
nel 1200 doveva esser sembrata cosa sommamente utile edificare un castello
a dominio della lussureggiante Valle di San Clemente, ed ogni
sforzo necessario per porre una fortificazione a difesa del fiorente
Monastero benedettino di Santa Maria in Valfucina. E
con la fantasia si vedono le fondamenta delle mura scavate nella dura
roccia da braccia forti, ed il
cavar di belle pietre grigie che ancor oggi –in un unico accordo
armonico- compongono le piccole abitazioni di Elcito. Allora,
e per molti secoli ancora, l’unica via di comunicazione con ‘il resto
mondo’ era uno stretto sentiero (ancor oggi visibile) che partiva
dall’antica porta del castello e scendeva fino a valle, verso quei
lecceti che suggerirono il nome al paese: solo dopo la fine della seconda
guerra mondiale (periodo in cui la strategica posizione di Elcito venne
abilmente sfruttata dai partigiani) il piccolo borgo fu collegato, con una
comoda via asfaltata, alla strada che da Apiro porta a San Severino (al
cui territorio il paese è annesso sin dal 1298). E
d’improvviso -per noi che giungiamo tranquillamente con l’auto-
l’inaccessibilità scompare, e quel gruppetto di case di pietra
inquietamente in bilico tra il cielo e la terra diviene suggestiva realtà.
Ma è una realtà ben diversa da quella quotidianamente conosciuta, e già
l’accesso al paese –lastricato a bassi gradoni retroversi, necessari
ad assicurare il passo durante la neve ed il gelo dei lunghi inverni- fa
intendere quanto da questo luogo il mondo sia lontano. Perché
Elcito vive ancor oggi di gesti antichi, dell’odore di fuoco che dai
camini si diffonde tra il selciato
dei vicoli silenziosi, di fascine di legna sostenute dalle spalle non
stanche degli ultimi, pochi abitanti
originari, e delle loro parole -pronunciate con curiosità schietta e
sincera- che risuonano dolci e serene, come sospese nel tempo. Ed
il mondo fa brevemente visita ad Elcito con appuntamenti regolari, ed una
volta alla settimana è il furgone dei prodotti alimentari che sale ad
offrire la propria mercanzia, e così il venditore di mercerie ed il
fornitore di surgelati. Poi, dopo un attimo di vitale socialità, il paese
rientra nel suo quotidiano silenzio.
Ci
son stati anni in cui molti son partiti di qui, scegliendo realtà più
ovvie ed orizzonti diversi. Ma in tanti poi son anche tornati, per
respirare –magari solo d’estate- quell’atmosfera incantata che
avvolge Elcito ed i suoi incredibili tramonti, distesi sui verdi pascoli
circostanti. E’
per questo che le grigie pietre del borgo son tanto curate, è grazie
all’amore di coloro che han saputo leggere la profonda armonia che
aleggia in questo luogo e che hanno voluto preservarne l’esistenza. E
c’è anche chi -in anni recenti e non a torto- ha proposto di dichiarare
Elcito patrimonio dell’Umanità, per salvaguardane l’innato
equilibrio, la bellezza, l’unicità di scorci perduti e di un tempo
fuori dal tempo. © 2001 Liberation
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